La gita esclusiva e altri paradossi

Simone è’ il quinto bambino, quest anno, che non sappiamo come aiutare a partecipare alla gita con i compagni.

Questa è la storia, simile a tutte le altre ma diversa a modo suo, come ogni intrigo burocratico che incontriamo quando cerchiamo di offrire aiuto pratico e buon senso alle scuole e agli insegnanti in difficoltà.
La mamma di Simone paga per la gita. Simone è autistico, quindi è un disabile tutelato dalla legge 104 e seguito da due insegnanti di sostegno. La sua disabilità non ha a che fare con problemi di deambulazione, non ha bisogno di una sedia a rotelle, né di speciali rampe o ascensori: fisicamente è perfetto, come i suoi compagni. Le sue più spiccate difficoltà hanno a che fare con l’ascolto, l’attenzione e la comunicazione: per questo a scuola usa un comunicatore vocale, anche se le sue insegnanti e la sua mamma dicono che si fa capire molto bene anche con gesti, atteggiamenti e espressioni del viso. Simone si spaventa moltissimo quando non comprende il contesto in cui deve trascorrere la giornata e controlla continuamente la sua “agenda visiva”, che gli ricorda “adesso si mangia” e “adesso si va in bagno” e “tra poco si va a casa”. La sua età e dove vive non sono importanti: abbiamo un Simone in ogni regione e per ogni ordine di scuola.

In seguito all’adesione all’uscita scolastica, il collegio docenti si riunisce e gli insegnanti esprimono perplessità: gli insegnanti di sostegno, infatti, hanno il diritto, o meglio non hanno il dovere, di accompagnare Simone in gita. Un solo insegnante sarebbe di turno quella mattina e ritiene che potrebbe essere un problema viaggiare in autobus con Simone, in particolare farlo scendere. Inoltre la giornata di gita durerebbe ben oltre il suo orario di lavoro. Gli insegnanti di classe hanno lavorato coi compagni per preparare l’esperienza e non vogliono problemi: si rivolgono al dirigente scolastico. Il dirigente fa chiamare la mamma di Simone, suggerendole che a causa di problemi assicurativi legati al trasporto in bus, sarebbe meglio tenere Simone a casa. La mamma lavora e dovrebbe chiedere un permesso, ma ne ha già chiesti tanti questo mese e ha un ripensamento. Contatta gli insegnanti di sostegno e chiede spiegazioni. Le dicono di non potersi prendere le responsabilità di eventuali crisi o, peggio ancora, di problemi fisiologici (se gli viene la cacca? di solito la fa a casa) e che PER MOTIVI DI SICUREZZA e VINCOLI BUROCRATICI l’unica alternativa in caso Simone debba proprio proprio (!) partecipare alla gita è che la mamma vada con lui. Visto che si è lavorato tantissimo per favorire le relazioni di Simone coi compagni, la mamma suggerisce che la sua presenza in autobus possa essere poco inclusiva (e ricorda una gita precedente in cui il figlio è stato solo con lei, per mano, tutto il tempo). Le insegnanti prendono qualche giorno e propongono, in accordo con la Dirigenza, che l’unico modo SICURO per far partecipare a questa gita ESCLUSIVA il ragazzo con disabilità sia che la mamma, con mezzo privato, segua l’autobus e possa intervenire tempestivamente in caso di difficoltà o bisogni fisiologici.

La scuola italiana è inclusiva, ma fuori dalla scuola l’inclusione è il risultato di un impegno sociale collettivo, possibile solo andando contro complesse burocrazie e paradossali conflitti di diritti-doveri degli insegnanti.

Errepiù vuole proporre soluzioni e aiutare la Scuola, non puntare il dito. Simone è un nostro bambino ed è un bambino di tutti: della sua famiglia, della sua scuola, del suo comune, della sua AUSL, della sua comunità di coetanei e loro genitori. Simone deve poter andare in gita senza che sia un problema.

Come Associazione, abbiamo scelto per i nostri volontari la Polizza Unica del Volontariato per permetterci di offrire alle famiglie che desiderano rispettato il diritto d’inclusione dei figli anche fuori dalla scuola, la possibilità di avere un nostro volontario specializzato come accompagnatore. Alle scuole, questa soluzione dovrebbe permettere la soluzione di controverse insegnanti-famiglia, migliorando la sicurezza degli allievi con disabilità. Inoltre sarà possibile estendere la copertura assicurativa dei volontari per alcuni fruitori (bambini e ragazzi presi in carico nei nostri centri e seguiti dai nostri volontari), aumentando ulteriormente la tutela di tutte le parti.

Attualmente una persona con disabilità non può stipulare una polizza infortuni privata e questo problema, già noto ai portatori di interesse e a qualche assicuratore illuminato, potrebbe essere una fonte di soluzioni per sbloccare le maglie dei complessi problemi sollevati da Dirigenti e Insegnanti che non riescono a garantire il DIRITTO ALLA GITA ai loro allievi con disabilità cognitiva o disturbi dello sviluppo (che, ricordiamo, sono molto più numerosi di quelli in sedia a rotelle e sono pertanto i principali fruitori del sostegno e del diritto all’inclusione in Italia).

Ringraziamo Dar Voce, lo Studio Cavarretta e l’avvocato Gabriele Medici per l’interessamento.